(tratto dal libro di Angelo “E poi il fuoco”)

«La prossima volta che torni ti faccio le fortaje, sono delle frittelle fatte con farina bianca, latte, uova ed un po’ di grappa, in un impasto abbastanza liquido che viene colato con un imbuto speciale nell’olio bollente formando delle spirali grandi come un piatto.
Si mangiano, appena fritte, con sopra dello zucchero a velo e ancora meglio con della marmellata di mirtilli rossi.
« Non ho mai saputo che esistesse la marmellata di mirtillo rosso, non l’ho mai assaggiata.»
« Era l’unica marmellata che faceva mia madre, la raccolta dei mirtilli veniva fatta in settembre nei pressi del rifugio, quando ancora il bosco non era così fitto e non aveva ingoiato tutti i prati ed i pascoli. Partivamo tutti, tranne mio padre, per la raccolta.
Arrivati alla fratta, s’iniziava dal basso, era tutto rosso di mirtilli grossi ed acerbi e continuavamo a spiluccare delle ore fino quando i secchi che avevamo non erano pieni.
Parlo proprio di secchi quelli per il latte pieni strapieni di succosi mirtilli.
Mi ricordo l’urlo di mia madre quando volli portare io il secchio stracolmo ma inciampai e sparsi questo nobile frutto nella fratta ghiaiosa..
Quando n’avevamo una gran quantità, mio padre allestiva in giardino con un lungo tavolo inclinato e due assi inchiodate ad imbuto un sistema da lui inventato per pulirle o meglio per levare le foglioline e le impurità, dai mirtilli.
Il mio compito era, stando in piedi su una sedia, prendere i mirtilli dai secchi con un piccolo contenitore e farli rotolare sul tavolo. Era veramente un bel gioco per me fare rotolare tutte quelle palline rosse, rotolavano, rotolavano veloci verso il basso e intanto le impurità si fermavano sulle vecchie assi del tavolo.
Mia madre sapeva che il momento giusto per la pulizia del mirtillo era solo in una bella giornata con una leggera brezza, così che le foglioline volavano via da sole, portate dal vento, ed i mirtilli cadevano puliti e copiosi nel secchio senza troppa fatica.
La cottura, in un gran pentolone a fuoco lento con aggiunta di molto zucchero, mandava un aspro sapore che s’infilava, a partire dalla cucina, in tutti gli angoli più remoti della casa.
Dopo la bollitura la confettura veniva raffreddata e poi messa in barattoli di vetro, scorta importante per l’estate seguente, per accompagnare omlette e fortaie.
Erano belle queste raccolte, i nostri vecchi avevano capito che la raccolta dei mirtilli, dei funghi, delle pigne del pino cembro e perché no delle stelle alpine per venderle, la caccia, la pesca e tutte le attività di fruizione del territorio, con i valori culturali e simbolici che le accompagnano, servivano a legare l’uomo alla sua montagna.